Il cannolo siciliano: tra leggenda e gusto

Tempo di lettura 2 minuti • 16 Gennaio 2023 • Pubblicato da silvia Il cannolo siciliano: tra leggenda e gusto

Chiunque abbia visitato la Sicilia è tornato sicuramente con qualche “chiletto” in più.
Come rinunciare alle conserve fatte in casa, ai salumi, ai formaggi, ai dolci e, soprattutto, al cannolo siciliano, una delle specialità più conosciute e apprezzate al mondo.

Una cialda croccante, che si sgretola a ogni morso, avvolge il ripieno di ricotta dolce: assaggiatene uno, ne vorrete ancora. Trovarli non è difficile – per fortuna – tutti i bar e le pasticcerie li preparano seguendo le antiche ricette che si tramandano di generazione in generazione.

Provate le varianti: a Palermo sono decorati con pezzetti di ciliegia, sulle Madonie con arancia candita, nella parte orientale della Sicilia, invece, si usa la granella di pistacchio.

Decidere quale sia la versione migliore è impossibile. Palermitani, catanesi, messinesi vi diranno che il cannolo più buono è quello preparato dalla propria famiglia. Nessuno di loro si sbaglia. Gustatene diversi e scegliete voi.

La storia del cannolo siciliano

Ricostruire la storia del cannolo siciliano è difficile, mancano date precise. Il cannolo siciliano: tra leggenda e gusto

Di certo sappiamo che le sue radici risalgono alla dominazione araba e che il nome deriva dalla canna di fiume, attorno alla quale l’impasto veniva arrotolato per conferirgli la classica forma cilindrica. La ricotta di pecora, del resto, già si produceva in Sicilia ma sono stati gli arabi a lavorarla con canditi, pezzetti di cioccolato e ad aromatizzarla con liquori, dando vita ad un’accoppiata vincente: zucchero e ricotta.

Le sue origini, dunque, sono antiche e condite da due leggende: una profana, l’altra sacra. Entrambe raccontano che il dolce nacque a Kalt El Nissa, letteralmente “Castello delle donne”, ovvero l’antica Caltanissetta. La prima delle due leggende racconta che le concubine dell’Emiro si dilettavano nella preparazione di pietanze nuove e prelibate e che, ispirandosi ad una ricetta romana, crearono il dolce più famoso dell’Isola. Quella sacra, invece, che in un convento della città le suore preparavano il dolce in occasione del Carnevale, decorandolo con pezzi di cioccolato e mandorle tritate. Le due ipotesi si fondono e ne creano una terza: la più veritiera seconda tanti.
Quando gli harem si svuotarono, molte donne ormai libere si convertirono al Cristianesimo ed entrarono in convento.
Tradizioni, culture e ricette diverse si mescolarono e nacque il simbolo della pasticceria siciliana.